Fin dall’introduzione,
“Caterina fu gettata” dimostra tutto
il coraggio e la ferma intenzione dell’autore Carlo Sperduti di scardinare, parola dopo parola, le ferree basi e
tutte quelle regole che dovrebbero fare di un romanzo, “un romanzo”. Non per
nulla lo scrittore dichiara che il volume in questione non lo è affatto.
La trama viaggia sui
binari del surreale e ci trascina in un universo “parallelo” dove si muore un
numero imprecisato di volte prima di giungere a quella definitiva e in cui i
personaggi che lo popolano sono alquanto bizzarri. Abbiamo ad esempio Sorìbavin, un artista in grado di
produrre suoni attraverso l’attrito prodotto dal suo viso strusciato contro una
lastra di plexiglas, una buccia di banana in grado di parlare e Gnaca una gatta fuori dal comune.
È proprio quest’ultima
a gettare le basi per l’antefatto della vicenda. Una notte Caterina nel tentativo di acciuffare Gnaca nel soppalco della sua camera, s’infila in uno dei sacchi là
presenti e muore per la centonovantaduesima volta. Qualche minuto dopo, il
fidanzato Tommaso trasporta quella
stessa busta nella spazzatura, ignaro che dentro vi sia l’amata.
Tale evento scatenerà
una caccia alla ricerca della donna scomparsa nel corso della quale l’autore ci
coinvolge in un viaggio che non smette mai di stupire per l’originalità delle
situazioni e per un finale rocambolesco.
Lo stile di Carlo
Sperduti risulta unico nel suo genere in quanto riesce a fondere insieme due
caratteristiche di per sé in assoluta opposizione: ricercatezza e fluidità. Ma
d’altronde tutto il romanzo è costruito su paradossi e contrasti, ironia e
piacevoli assurdità.
Il libro è acquistabile in tutte le librerie e sul sito della casa editrice:
a cura di Elys
La foto è la copertina del libro.
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